di Roland Schimmelpfennig
Carol e
Martin tornano a casa dopo aver trascorso sei anni lavorando nello staff di
Medici senza frontiere in un paese africano non ben definito. Al loro ritorno,
vengono invitati a cena dai loro vecchi amici Liz e Frank. Le due coppie si
erano incontrate alla facoltà di medicina ma da lì in poi le loro vite avevano
preso percorsi estremamente differenti. Mentre Carol e Martin hanno scelto di
prestare assistenza medica in luoghi di estrema povertà, Liz e Frank hanno
invece esercitato la loro professione inseguendo obbiettivi più tradizionali:
la carriera, il guadagno, la costruzione di una famiglia. A legarli in questa
lunga distanza, la presenza di una bambina, Annie, che Liz e Frank hanno
adottato a distanza, e di cui Martin e Carol si sono presi cura durante la loro
permanenza in Africa.
Durante la cena, l’alcool inizia a scorrere e
fa emergere incomprensioni e gelosie reciproche tra le due coppie. Protagoniste
inerti dell’azione diventano inaspettatamente due bambole. La prima, Peggy
Pickit (che dà nome all’ opera), è un costoso giocattolo di fabbricazione
occidentale destinato da Liz e Frank ad Annie, l’altra è una semplice bambola
artigianale di legno, portata in dono dall'Africa da Carol e Martin per Katie,
la figlia biologica dei loro amici.
Le due
bambole diventano il simbolo dell’enorme divario tra il capitalismo avanzato
del mondo occidentale e la povertà dei paesi in via di sviluppo. Un divario
incolmabile sottolineato anche dal racconto che Liz fa di una lettera che Katie
ha scritto per Annie, tentativo, forse impossibile, di gettare un ponte tra due
realtà troppo lontane. Attraverso i toni a volte ironici, a volte dolorosi di
questa commedia amara, il conflitto che anima azioni e relazioni in scena
diventa dunque metafora di un'inquietudine esistenziale tipica del contemporaneo.
Da un lato le due coppie rispondo al richiamo di un'affannosa ricerca di
identità e di ruolo nella società (come medici e come individui), richiamo a
cui forniscono risposte diametralmente opposte. Dall'altro, dietro a una
contrapposizione che potrebbe superficialmente leggersi come uno scontro
buoni/cattivi, emerge una riflessione più acuta e pessimista sul relativismo
dei valori, sul confine sottile tra bene e male, compassione e pietà e, non
ultimo, sul senso di colpa dell’Occidente e sul paternalismo assistenzialista
che permea il rapporto tra l'Europa e le ex colonie.
di Roland Schimmelpfennig
traduzione di Marcello Cotugno e Suzanne
Kubersky
con Valentina Acca, Valentina Curatoli,
Emanuele Valenti, Aldo Ottobrino
regia colonna sonora e luci Marcello
Cotugno
scene Sara Palmieri
costumi
Ilaria Barbato
aiuto regia Martina Gargiulo
assistente alla regia Chiarastella
Sorrentino
datore luci Mattia Santangelo
la foto della locandina è di Ludovica
Bastianini
una produzione TAN - Teatri Associati Napoli
e Primavera dei Teatri
con il contributo del Goëthe Institut
prima parte del progetto: Una Trilogia
Tedesca, a cura di
Marcello Cotugno, Valentina Acca, Valentina Curatoli
di Patrick Marber
adattamento di Andrej Longo
di Jane Birkin
di Jane Birkin
traduzione Giulia Serafini
regia Marcello Cotugno
con Anna Ammirati, Paolo Giovannucci
scene Dionisio Paccione
luci Carmine Pierri
costumi Giuseppe Avallone
colonna sonora a cura di Marcello Cotugno
aiuto regia Martina Gargiulo
direttore di scena e macchinista Nicola Grimaudo
fonico Diego Iacuz
sarta Annalisa Riviercio
foto di scena Marco Ghidelli
in collaborazione con Accademia di Belle Arti di Napoli Cattedra di Scenografia – prof. Luigi Ferrigno
produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale
di Pupi Avati
adattamento teatrale di Sergio Pierattini
di Pupi Avati
adattamento teatrale di Sergio Pierattini
regia Marcello Cotugno
con Gigio Alberti, Fulvio Pepe (Filippo Dini), Giovanni Esposito,
Valerio Santoro, Gennaro Di Biase
sene Luigi Ferrigno
costumi Alessandro Lai
luci Pasquale Mari
aiuto regia Beatrice Tomassetti
foto di scena: Michele De Punzio
produzione La Pirandelliana
grafica locandina: DER*LAB
di Eric Coble
Una donna anziana barricata in casa e un intruso che si in la dalla finestra. È così che inizia Un autunno di fuoco, commedia dolce e graffiante sui delicati e spesso esplosivi rapporti tra madri e figli. Ma Alessandra non è una vecchietta indifesa, bensì un’artista quasi ottantenne alla resa dei conti con la sua famiglia per stabilire dove trascorrerà i suoi ultimi anni di vita. Con un’arguzia inaspettata in una donna dall’aspetto così gentile, una passione vulcanica e una pila di bombe Molotov, Alessandra si chiude in casa minacciando di dar fuoco a tutto piuttosto che finire in una casa di riposo. E l’intruso è Chris, il più giovane dei tre gli: spetta a lui convincere Alessandra a lasciare la sua casa, mentre le prime bombe emotive iniziano a detonare.
di Eric Coble
Adattamento Marco Casazza
Regia Marcello Cotugno
Interpreti Milena Vukotic e Maximilian Nisi
scene Luigi Ferrigno
costumi Andrea Stanisci
luci Bruno Guastini
colonna sonora a cura di Marcello Cotugno
aiuto regista Martina Gargiulo
assistente scenografa Sara Palmieri
produzione Teatro La Contrada
Festival Borgio Verezzi
di Irene Alison
Le Olimpiadi del ’36, rimaste nella memoria collettiva per straordinari episodi come le quattro medaglie oro vinte (davanti agli occhi di un Hitler visibilmente contrariato) dall’afroamericano Jesse Owens, sono anche le prime dell’era mediatica (riprese e trasmesse quasi in diretta nei cinegiornali): una gigantesca operazione di seduzione, con la quale la maschera del regime incanta e inganna il mondo.Lavorare con un’attrice come Valentina Acca, capace di mutuare e remixare diversi stili teatrali, consente una grande libertà espressiva e dialettica: non molti attori riescono, infatti, a passare con tanta semplicità dal naturalismo all’astrazione, dal teatro lirico a quello brechtiano, assecondando senza limiti e barriere un percorso polimorfo e diacronico come quello di Leni, Il Trionfo della Bellezza. Il testo prevede infatti un’architettura non lineare di superfici narrative che si sovrappongono ricostruendo un’unica vicenda: quella di una donna simbolo dei chiaroscuri del Novecento, che approda al nuovo millennio portando con sé un enigma mai risolto. Anche le musiche, in questo progetto per voce sola, saranno di fondamentale apporto al tradursi di emozioni e immagini: dalle note evocative di Max Richter alle rivisitazioni weimariane di Brian Ferry e della sua Orchestra.per finire al minimalismo neoclassico di Philip Glass.
di Irene Alison
con Valentina Acca
regia di Marcello Cotugno
scenografia Sara Palmieri
aiuto regia Martina Gargiulo
una produzione Khora Teatro
Napoli Teatro Festival - SportOpera
di Claudio Fava
di Paolo De Vita e Mimmo Mancini
di e con Paolo De Vita e Mimmo Mancini
regia e drammaturgia Marcello Cotugno
scene Sara Palmieri
costumi Noemi Intino
luci Fabio Fornelli
aiuto regia Martina Gargiulo
colonna sonora a cura di Marcello Cotugno
voce fuori campo Francesco Mancini
consulenza storica Marino Pagano
Valentino Romano
di Marcello Cotugno e Irene Alison
testo e regia Marcello Cotugno
collaborazione alla drammaturgia Irene Alison
con Valentina Acca, Salvatore Cantalupo, Xhilda Lapardhaja, Serena Marziale
in video Alfonso Postiglione
scene Sara Palmieri
costumi Annalisa Ciaramella
luci Carmine Pierri
video Alessandro Papa
colonna sonora a cura di Marcello Cotugno
aiuto regia Beatrice Tomassetti
assistente alla regia Martina Gargiulo
direttore di scena Nicola Grimaudo
sarta Francesca Colica
foto di scena Marco Ghidelli
scene a cura della Cattedra di Scenografia – prof. Luigi Ferrigno dell’Accademia di Belle Arti Napoli
produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale
di Neil LaBute
di Neil LaBute
traduzione Gianluca Ficca e Marcello Cotugno
con Gabriele Russo, Laura Graziosi (Valentina Acca)
Bianca Nappi Roberta Spagnuolo Martina Galletta
in video Rachele Minelli
regia Marcello Cotugno
scene Luigi Ferrigno
costumi Anna Paola Brancia d'Apricen
produzione Fondazione Teatro di Napoli
di Pierre Notte
di Neil Labute
di Neil LaBute